TRaINER E DIRETTORE ARTISTICO

Giampiero Mancini

Non si decide di fare l’attore così come non si sceglie alla nascita il glauco, il ceruleo, il verde mare o il castano che ab-biamo negli occhi. L’essere attore scorre nelle vene. È uno slancio primario, una sete ancestrale che ti porta ad inventare mondi, passare ore da cucciolo davanti allo specchio per prendere padronanza con il rivestimento umano di carne, muscoli, tendini e relativo corredo di espressioni e amplificazioni che devi imparare a padroneggiare per sopravvivere. Non si può ignorare di essere nati attori, non si può pentirsi per quello che si è, anzi sviluppare il più possibile il senso di appartenenza ad una casta di privilegiati. Nascere attori vuole dire discendere con fierezza da una razza bastarda, santa e maledetta che per secoli è stata ridotta alla fame e seppellita in terra sconsacrata ma che con coraggio è riuscita a trovare un posto nella storia confondendosi con l’umanità per guidar-la nelle tenebre e spesso per confortarla. Al contrario di molte persone che non sanno cosa fare della loro vita, un artista sa con esattezza cosa farne e con altrettanta sicurezza sa cosa non vuole farne. Un artista raramente cade nel comune equi-voco di confondere “quello che si è” con “quello che si fa”. Uno scrittore è uno scrittore, anche quando lavora alle poste come Bukowsky. Bisogna solo adoperarsi per diventare realmente ciò che si è già e fare in modo che ciò che nutre la tua anima possa nutrire anche il tuo stomaco, pagare i tuoi vizi, le tue bollette, le tue vacanze, le sigarette, le medicine, i tuoi libri e la tue spese quotidiane.

Intervista da “Top Tv” per gentile concessione dell’editore